Il Cannabusiness nell’America Centrale

Il Cannabusiness nell’America Centrale

Nonostante il 2020 sia stato segnato dal COVID-19 in tutto il mondo, compresi i paesi dell’America Latina e dei Caraibi, influenzando negativamente l’industria della cannabis in vari modi, vale la pena sottolineare alcuni eventi che dimostrano un solido interesse per la crescita del settore.
Secondo Prohibition partners, che a fine 2020 ha pubblicato il nuovo report relativo al Sud America e ai Paesi dei Caraibi, alcuni risultati raggiunti nel 2020 stanno attirando l’interesse per l’industria da parte di governi, aziende locali e internazionali e investitori.

Tra gli ultimi avvenimenti da tenere conto c’è sicuramente la legalizzazione della cannabis medica in Messico e l’approvazione di quella ricreativa alla Camera, dopo una lunga gestazione, che deve essere confermata dal Senato.

Le autorità giamaicane a maggio 2020 hanno stabilito dei regolamenti temporanei per l’esportazione e l’importazione di cannabis, compresa la possibilità di vendita online di cannabis durante il periodo COVID-19, visto il fatto che la cannabis medica è legale e si punta a facilitare l’accesso per i pazienti, mentre quella ricreativa è tollerata.

Il Costa Rica ha annunciato l’intenzione di votare la legalizzazione della coltivazione della canapa e della cannabis, portando un nuovo attore moderno ed ecologico nell’industria.

Nell’isola di Porto Rico (non considerata nel report perché è un territorio non incorporato negli USA), il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha approvato nel luglio 2020 la produzione locale di canapa. Il governo locale dell’isola ha concesso più di 30 licenze di coltivazione e mira a una coltivazione totale di circa 7.285 ettari.

Le genetiche e le proprietà intellettuali giocheranno un ruolo sempre più importante nell’industria della canapa e della cannabis, in particolare nel commercio dei semi.

Pandemia e sostenibilità
La pandemia ha risvegliato un interesse generale per i prodotti sostenibili ma la canapa, conosciuta localmente come cânhamo in portoghese e cáñamo in spagnolo, ha giocato
un ruolo importante nella storia dell’America Latina e dei Caraibi. E sono diversi i Paesi dell’America Latina che coltivano ancora oggi la canapa. Si tratta di una tendenza che è cresciuta lentamente negli ultimi anni e che ha un futuro promettente per gli anni a venire, dato che si prevede che la domanda di canapa cresca sostanzialmente durante questo decennio (compreso il mercato del CBD, alimenti e bevande, fibre e canapulo per l’industria tessile, della carta e delle costruzioni).

Oggi, il cotone rappresenta oltre il 75% dell’industria mondiale dei tessuti, ma la canapa offre un’alternativa molto più sostenibile e anche resistente e durevole nel tempo: oggi sono diversi i brand di abbigliamento che stanno iniziando ad approfittarne. Altro settore di grande impatto, è quello dell’edilizia, dove la canapa può fornire l’unico sistema costruttivo carbon negative, cioè che toglie più CO2 di quella prodotta durante tutte le fasi. Teniamo presente che l’edilizia tradizionale incide per il 40% delle emissioni di CO2 a livello globale.
Secondo Prohibition partners l’uso della bioedilizia in canapa è in crescita in Costa Rica dal 2018, e ha ricevuto recentemente l’attenzione dei media in Brasile, Cile e Messico.

Nel particolare, ecco come si sta evolvendo la situazione.

Messico
Il Messico si presenta come il paese latino-americano con il maggior numero di brevetti legati alla cannabis e si colloca al 12° posto a livello globale. Il regolatore del paese, la Commissione federale per la protezione contro i rischi sanitari (COFEPRIS), ha concesso 38 permessi per prodotti a base di cannabis solo nel 2018, tra cui alimenti, integratori, bevande, cosmetici e materie prime – tutti per prodotti a basso contenuto di THC (<1%). Dal 2015 al 2019, oltre 120 brevetti relativi a canapa e cannabis sono stati depositati in Messico. Dall’alto lato, come sottolineato, è stata legalizzata la cannabis in medicina e tra poco sarà lo stesso per quella ricreativa.

Giamaica
La Giamaica è conosciuta a livello mondiale per la sua relazione con la cannabis, in particolare per la sua importanza nelle culture Rastafari e Reggae, essendo stata introdotta per la prima volta sull’isola da servi indigeni dell’India orientale, il che spiega l’origine hindi della parola ganja.
Nel 2015, il paese ha modificato il cosiddetto Dangerous Drugs Act che proibiva e puniva la coltivazione, la distribuzione e il consumo di cannabis, per sviluppare un’industria regolamentata. Nel 2016, le autorità hanno finalizzato i regolamenti e hanno iniziato ad accettare le richieste di licenze commerciali. La Giamaica ha concesso la sua prima licenza commerciale per la cannabis medica l’anno successivo. Il primo dispensario ha aperto nel marzo 2018, ma i progressi sono stati lenti e solo un piccolo numero di coltivatori e rivenditori sono diventati operativi sotto lo schema finora.
Nel giugno 2020 è stato concesso un permesso temporaneo per la vendita online di cannabis e le richieste di licenza, con l’obiettivo di mantenere l’industria operativa nel mezzo della pandemia di COVID-19.

Costa Rica
Il progetto di legalizzare la cannabis medica e industriale è in fase di elaborazione attraverso una commissione istituzionale alla quale hanno partecipato i Ministeri della Pubblica Sicurezza, della Sanità, del Commercio Estero e dell’Agricoltura e il Promotore del Commercio Estero che ha il coordinamento del progetto. L’obiettivo principale è quello di fornire opportunità a produttori, investitori ed esportatori interessati allo sfruttamento di questo prodotto agricolo. Il progetto non ha una data di pubblicazione stabilita, ma l’impegno ad avanzare settimanalmente, con l’obiettivo di avere un’autorizzazione alla produzione di canapa nel paese.

Le genetiche
L’obiettivo finale per gli attori della canapa industriale in Colombia, e per quella del Centro e Sud America più in generale, è quello di creare un seme che ancora non esiste: quello che possa dare vita a una genetica che prosperi in climi con solo 12 ore di luce diurna tutto l’anno, ma che allo stesso tempo garantisca un basso contenuto di THC.

Secondo Ryan Douglas, che è stato il responsabile delle coltivazioni per Canopy Growth quando l’azienda nacque nel 2013, «la coltivazione di piante per i Tropici è unica. Offrirà anche un enorme vantaggio ai paesi che legalizzano la coltivazione di canapa a latitudini simili a quelle della Colombia, dal momento che non dovranno ricominciare da zero».

La maggior parte delle varietà di canapa industriale utilizzate oggi in tutto il mondo, infatti, sono state allevate nell’emisfero nord e non hanno un buon rendimento ai Tropici. Ma c’è chi lavora anche sulle varietà a uso ricreativo: è ad esempio il caso del dottor Machel Emanuel che, dal giardino botanico del Dipartimento di Biologia dell’Università delle Indie Occidentali a Kingston, sta cercando di recuperare le varietà di cannabis landrace che crescevano naturalmente in Giamaica prima di scomparire a causa dell’intervento umano.

Articolo originale su Dolce Vita Online

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